Incensiere a forma
di altare
AR 552
Numero
Inventario
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SCHEDA TECNICA
Luogo di rinvenimento:
Sconosciuto
Misure: h cm 7,2; l cm 8,7; L cm 5,5.
Materiale: argilla alluvionale grezza e porosa di colore arancione con nucleo nero; abbondanti inclusi calcarei di varie dimensioni e abbondanti inclusi di mica argentata fine.
Descrizione: parte superiore di un piccolo incensiere a forma di altare. Decora- zione con ghirlande a rilievo (due sul lato lungo, una su quello corto) e cornici di greche dentate. Tracce di bruciato all’interno della ciotola. Si tratta di una rappresentazione in miniatura degli ‘altari a corni’ o ‘ad acroteri’, così definiti perché la parte superiore presenta una specie di merlatura o da ‘tetraedri’ simili a corni a punta. I grandi altari in pietra ‘a corni’ avevano avuto origine nel Vicino Oriente e si erano poi diffusi in tutta l’area mediterranea. Erano spesso costruiti in prossimità di templi o, talvolta, di monumenti fune- rari: si vedano, per esempio, l’altare in pietra, alto ca. m 2,60, posto davanti alla tomba di Petosiris a Tuna el-Gebel, in Medio Egitto (IV-III sec. a.C.) [vd. p. 92], e gli esemplari ellenistici del Serapeion B di Delos. I piccoli altari di terracotta erano utilizzati in contesto domestico, e la diffusione non è limitata all’ambito strettamente egiziano, come dimostra, per esempio, il brucia-incenso, dello Spurlock Museum, molto simile anche nelle dimensioni (h cm 11, 7 x l cm 8,8 x L cm 7,1), proveniente da Smirne e databile tra il I e il II sec. d.C.
Confronti: Dunand, Catalogue des terres cuites, pp. 310-312, nrr. 935-940; Walker, Ancient Faces, p. 205, nr. 289; Grasse, L’Égypte. Parfums d’histoire, pp. 23 (nr. 5); 124 (nr. 5); Coulton, Pedestals as ‘altars’, pp. 132-133 (fig. 7).
Approfondimento generale
La pratica dell’incensamento, a prescindere dal materiale che veniva bruciato, veniva usata in ambito religioso ed era legata al culto di numerose divinità (il nome egiziano dell’incenso è snṯr, “colui che divinizza”), oppure aveva un’applicazione nei riti di purificazione prima delle assemblee, sempre, comunque, in ambito pubblico. Privatamente, invece, l’uso di bruciare l’incenso o altre sostanze profumate era legato soprattutto ai simposi e ai banchetti, non solo ovviamente con un significato religioso, ma forse anche per il semplice piacere di dare agli ospiti un ambiente profumato. Caratteristico è il gesto, che prevedeva l’uso dei soli pollice, indice e medio, con cui si gettavano i grani di queste sostanze profumate nell’incensiere: ce lo mostrano alcune raffigurazioni, tra cui ad esempio il Dittico dei Simmachi e Nicomachi, conservato al British Museum.
Oltre all’incenso (detto in greco λιβανωτόϲ), altre sostanze profumate che venivano bruciate erano la mirra, il gingidio e l’amomo.
I piccoli altari di terracotta servivano per bruciare incenso o altre sostanze aromatiche in un contesto prevalentemente domestico. La loro forma può variare, ma è ben nota anche la tipologia dei cosiddetti “altari a corni” o “ad acroteri”, come questo esemplare, perché la parte superiore è sormontata da una specie di merlatura o da ‘tetraedri’ simili a corni a punta. Un confronto iconografico è l’altare di terracotta proveniente da Smirne e datato tra il I e il II secolo d.C. oppure gli altari conservati al Museo del Louvre.
Si tratta della rappresentazione in miniatura, perlopiù in terracotta, di grandi altari in pietra utilizzati un po’ in tutto il Medio Oriente e in Egitto dove, soprattutto in epoca tolemaica, venivano costruiti in prossimità di templi o monumenti funerari: es. l’altare in pietra, alto 2,60 m ca., posto davanti alla tomba di Petosiris a Tuna el-Gebel (IV-III sec. a.C.).
Approfondimento Papirologico
I papiri documentari ci offrono alcuni termini che, pur indicando tutti un oggetto usato per bruciare l’incenso (o sostanze affini), corrispondevano, verosimilmente, a beni diversi. Con θυμιατήριον, infatti, si intendeva il vero e proprio “incensiere”, un oggetto piuttosto prezioso, per lo più di bronzo, che appare frequentemente attestato in liste di beni templari.
Un altro termine con cui si indicava un “oggetto in cui bruciare incenso” è θύϲκη. La parola ha solo 11 attestazioni, spalmate fra il I e il VI sec. d.C., che, tuttavia, sembrano confermare un uso di tipo domestico e privato. In particolare, in P.Bastianini 17, un inventario di beni databile al I-II sec. d.C., risultano elencate alcune θύϲκαι ὀϲτράκιναι, cioè alcuni “brucia-incenso di terracotta”; mentre in CPR VIII 66, un’altra lista di beni (privati o di ambito religioso?), ma ben più tarda (VI sec. d.C.), sono elencati cinque brucia-incenso, forse di forma quadrata (r. 8, θύϲκαι τετραγώνια ε); non solo, ma è piuttosto interessante notare che, in questo stesso elenco compare anche il θυμιατήριον, al r. 4, a ulteriore conferma che i due termini erano usati contemporaneamente per indicare, però, oggetti in qualche modo differenti.