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Oca 

AR    578

Numero 
Inventario

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1200px-TombofNebamun-2 Hunting in the papyrus thicket; excerpt from a mural in the tomb of

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SCHEDA TECNICA

Luogo di rinvenimento:

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Sconosciuto.

Misure: h cm 5; l cm 4

Materiale: terracotta marrone a impasto fine con abbondanti inclusi di mica dorata fine.

Descrizione: Questa statuetta di oca di cui restano solo testa e collo (forse completo?). Il frammento, a corpo pieno, è costituito da due val- ve lavorate su entrambi i lati: occhi a incisione pro- fonda e becco a incisione a renderne l’apertura.

La statuetta, per quanto frammentaria, presenta il collo intero per spessore e libero dall’eventuale corpo della divinità che gli sarebbe addossato; si tratterebbe dunque di un raro caso di statuetta di oca rappresentata da sola, cosa che, secondo lo studio di Boutantin, Terres cuites, non sembrerebbe capitare mai, fra le riproduzioni dell’animale nei musei. L’uso ludico sembra non infrequente (cfr. Jouer; Froschauer - Harrauer, Spiel am Nil).

Confronti: Dunand, Catalogue des terres cuites, nrr. 187 e 188; nr. 189; Jouer, p. 73; Froschauer - Harrauer, Spiel am Nil, p. 19.a; Boutantin, Terres cuites, p. 447.

Hunting in the papyrus thicket; excerpt from a mural in the tomb of Nabamun in Thebes-West, today in the British Museum, tempera on plaster, height 81cm, 18. Dynasty, before 1350 BC Chr.

Approfondimento generale

Animale da cortile, addomesticato già in età faraonica, l’oca è spesso presente nelle scene naturalistiche o di caccia: fra tutti basti ricordare le famose ochette di Meidum, dipinte sulle pareti della mastaba del principe Nefermaat, figlio del faraone Snofru della IV dinastia, oggi conservate al Museo Egizio del Cairo (JE 34571/ CG 1742).

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Approfondimento Papirologico 

I papiri di età greco-romana ne testimoniano frequentemente l’allevamento, non solo attraverso l’attestazione di nomi di mestiere, come l’ “allevatore” o il “commerciante” di oche (χηνοτρόφοϲ, χηνᾶϲ), ma, soprattutto, grazie a vari contratti di vendita o affitto di questi animali: fra questi ricordiamo un documento interessante della collezione fiorentina: PSI VIII 961. Proveniente proprio da Arsinoe e datato alla fine del II sec. d.C., consiste in due fogli che furono incollati insieme dopo essere stati scritti: quello di destra (A), scritto nel 176 d.C., contiene il contratto di affitto di 23 oche da uova che Amatios stipula con tre persone per un anno; allo scadere del contratto ad Amatios devono essere restituite le 23 oche (o il corrispettivo valore economico di 920 dracme), oltre a 23 oche giovani che rappresentano il canone d’affitto.

Il secondo documento, quello di sinistra (B), è la quietanza del contratto stesso, redatta dopo due anni (178 d.C.): Amatios dichiara di avere ricevuto dai tre le 920 dracme, prezzo di stima delle 23 oche da uova, e anche il canone d’affitto, e, dunque, il precedente contratto va considerato nullo. A conferma di ciò possiamo notare che il primo contratto (A) risulta kechiasmenon (κεχιαϲμένοϲ), cioè annullato con tratti a croce (come la lettera greca χ), secondo una prassi consolidata.

 

I papiri menzionano inoltre piccola gioielleria, verosimilmente pendenti in oro o argento, a forma di ochetta, forse ad uso esclusivamente decorativo o anche religioso (PSI XVIII 1752, 10 e P.Lond. inv. 1299 lì ricordato).

PSI VIII 961 r.jpg

BIBLIOGRAFIA

H.-J. Drexhage, Einige Bemerkungen zu Geflügelzucht und -handel im römischen und spätantiken Ägypten nach den griechischen Papyri und Ostraka. II: Gänse, Laverna 12 (2001) pp. 14-20

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